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La quiete dopo la tempesta

La quiete dopo la tempesta

Commento

Contesto, argomento, messaggio

La quiete dopo la tempesta è una poesia scritta da Leopardi nel 1829 e inserita nei Canti. Si tratta di uno dei cosiddetti "grandi idilli": infatti la poesia comincia da un "idillio", cioè da un bozzetto o quadretto di paese, che offre lo spunto per la riflessione del poeta.

Dopo il temporale la vita del borgo riprende serenamente e ciascuno ritorna alle proprie occupazioni. Ma non bisogna farsi illusioni: la quiete dopo la tempesta è solo uno stato di piacere passeggero che sfumerà ben presto.

La lirica è suddivisa in tre strofe:

  1. La prima strofa è interamente occupata dal bozzetto della vita di paese che riprende dopo il temporale;
  2. la seconda strofa, che si apre con il v. 25, contiene una riflessione sulla vanità della gioia, figlia del dolore. L'espressione cardine di questa parte è "Piacer figlio d'affanno";
  3. nella terza strofa, il poeta si rivolge direttamente alla natura con amara ironia e l'accusa di dare agli uomini solo dolori, mentre il piacere consiste solo nel liberarsi di qualche affanno.

Il tema di fondo è quindi l'infelicità degli uomini, per i quali il piacere è solo una pausa dal dolore.

 

Lingua, stile e forma metrica

Canzone libera composta da tre strofe di endecasillabi e settenari.

Tra le figure retoriche si segnalano al v. 42 l'apostrofe e le domande retoriche dei vv 26-31

 

Parafrasi e note utili per il commento

TESTO PARAFRASI
  1. Passata è la tempesta;
  2. odo augelli far festa, e la gallina,
  3. tornata in su la via,
  4. che ripete il suo verso. Ecco il sereno
  5. rompe lá da ponente, alla montagna:
  6. sgombrasi la campagna,
  7. e chiaro nella valle il fiume appare.
  8. Ogni cor si rallegra, in ogni lato
  9. risorge il romorio,
  10. torna il lavoro usato.
  11. L’artigiano a mirar l’umido cielo,
  12. con l’opra in man, cantando,
  13. fassi in su l’uscio; a prova
  14. vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
  15. della novella piova;
  16. e l’erbaiuol rinnova
  17. di sentiero in sentiero
  18. il grido giornaliero.
  19. Ecco il sol che ritorna, ecco sorride
  20. per li poggi e le ville. Apre i balconi,
  21. apre terrazzi e logge la famiglia:
  22. e, dalla via corrente, odi lontano
  23. tintinnio di sonagli; il carro stride
  24. del passeggier che il suo camm6in ripiglia.
  25. Si rallegra ogni core.
  26. Sì dolce, sì gradita
  27. quand’è, com’or, la vita?
  28. Quando con tanto amore
  29. l’uomo a’ suoi studi intende?
  30. o torna all’opre? o cosa nova imprende?
  31. quando de’ mali suoi men si ricorda?
  32. Piacer figlio d’affanno;
  33. gioia vana, ch’è frutto
  34. del passato timore, onde si scosse
  35. e paventò la morte
  36. chi la vita abborria;
  37. onde in lungo tormento,
  38. fredde, tacite, smorte,
  39. sudar le genti e palpitar, vedendo
  40. mossi alle nostre offese
  41. folgori, nembi e vento.
  42. O natura cortese,
  43. son questi i doni tuoi,
  44. questi i diletti sono
  45. che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
  46. è diletto fra noi.
  47. Pene tu spargi a larga mano; il duolo
  48. spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
  49. che per mostro e miracolo talvolta
  50. nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
  51. prole cara agli eterni assai felice
  52. se respirar ti lice
  53. d’alcun dolor; beata2
  54. se te d’ogni dolor morte risana.
  1. È finita la tempesta:
  2. sento gli uccellini cinguettare, e la gallina,
  3. ritornata sulla strada [dopo il diluvio]
  4. che ripete continuamente il suo verso. Ecco
  5. all’improvviso laggiù si apre da occidente il sereno,
  6. verso le montagne: si libera
  7. la campagna [dalle ombre], e nella valle il fiume
  8. risplende limpido. Ogni essere umano
  9. si conforta, in ogni angolo si sente di nuovo
  10. un rumore di vita, e torna il lavoro quotidiano.
  11. L’artigiano, osservando il cielo dopo il diluvio,
  12. con gli attrezzi di lavoro in mano, cantando,
  13. si affaccia alla porta; la fanciulletta esce
  14. di casa in un tentativo di raccogliere
  15. l’acqua appena caduta;
  16. e l’erbivendolo ripete, da un sentiero
  17. all’altro, il suo grido [con cui richiama l'attenzione],
  18. che ripete sempre ogni giorno.
  19. Ecco ritorna a splendere il sole, eccolo sorridere
  20. per colline e case di campagna. La servitù
  21. spalanca balconi, finestre e logge: e,
  22. dalla strada maestra, si sente un tintinnio
  23. lontano di sonagli; il carro del visitatore
  24. stride, mentre riprende il suo viaggio.
  25. Ogni cuore torna a sprizzar felicità.
  26. Quando la vita è dolce e lieta
  27. come in questi momenti?
  28. Quando un uomo si dedica alle sue occupazioni
  29. con tanta amorevole dedizione? O quando
  30. torna alle sue fatiche, o quando ne inizia
  31. di nuove? Quando egli si ricorda meno delle sue afflizioni?
  32. Il piacere è figlio della sofferenza;
  33. [è] una gioia effimera ed illusoria, che è frutto
  34. della paura che si è provata, per la quale
  35. ebbe un sussulto e temette di morire
  36. anche chi disprezza la vita;
  37. e per cui le genti umane, agghiacciate,
  38. ammutolite e pallide di morte
  39. sudarono e palpitarono
  40. osservando fulmini, nuvole e vento mossi
  41. per colpirci tutti.
  42. O natura gentile,
  43. questi sono i tuoi doni,
  44. questi sono i piaceri
  45. che offri agli uomini. Per noi, sfuggire a un dolore
  46. è motivo di gioia.
  47. Tu spargi dolore in abbondanza; il dolore
  48. è uno stato naturale ed è invece gran guadagno
  49. di piacere ciò che talora nasce, per prodigio
  50. o per miracolo, tra le nostre sofferenze.
  51. O stirpe umana cara agli dei immortali! Assai
  52. felice [sei] se ti è lecito aver sollievo
  53. da ogni sofferenza; beata [sei] se la morte
  54. ti purifica da ogni dolore.

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