Figure retoriche


Una figura retorica è un espediente linguistico che mira a ottenere uno specifico effetto. In sostanza, si tratta di un modo per deviare dalla normale comunicazione, sfruttando il potere delle parole.

Per esempio, l'espressione "Sei un fulmine" contiene una figura retorica (metafora) perché invece di dire "Sei velocissimo" si è sostituita la parola velocissimo con un'altra, fulmine, che normalmente indica un fenomeno atmosferico.

Sebbene le figure retoriche siano comunemente utilizzate nel contesto della letteratura, compaiono di frequente in contesti inaspettati. In realtà, sono parte intrinseca del linguaggio umano e sono state conosciute fin dall'antichità e infatti già ai tempi degli antichi Romani, gli studiosi di retorica si dedicarono a catalogarle.

Le figure retoriche possono essere suddivise in tre categorie:

  1. Figure retoriche di suono: queste figure sfruttano gli elementi fonetici o ritmici di una parola o di una frase. Le più comuni includono l'allitterazione, l'assonanza, l'onomatopea e la paronomasia.

  2. Figure retoriche di ordine: queste figure riorientano l'ordine usuale delle parole all'interno di una frase. Le più riconosciute sono l'anafora, l'anastrofe, l'antitesi, l'asindeto, il chiasmo, l'ellissi, l'iperbato e il polisindeto.

  3. Figure retoriche di significato: queste figure sfruttano il significato semantico delle parole. Le più note comprendono l'iperbole, la litote, la metafora, la metonimia, l'ossimoro, la similitudine, la sineddoche e la sinestesia.


Qui però le figure retoriche saranno proposte in ordine alfabetico.

 

Allitterazione

L’allitterazione consiste nella ripetizione di un suono (o di una serie di suoni simili) all’inizio (o all'interno) di due o più parole. L'allitterazione non si trova soltanto nella poesia, ma anche nella lingua comune. L'allitterazione ha dato origine a vari modi di dire di uso corrente ("bello e buono", "tosto o tardi", "senza capo né coda").


Esempi di allitterazione:

«E caddi come corpo morto cadde» (Dante)
«Di me medesimo meco mi vergogno» (Petrarca)
«Quello spirito guerriero ch'entro mi rugge» (U. Foscolo)

 

Anafora

L’anafora consiste nella ripetizione di una o più parole all'inizio di frasi nello stesso verso o di versi successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto: si tratta del modulo tipico della ripetizione. La figura è indicata anche come epanàfora o iterazione. Analoga all'anafora è l'epifora, che però colloca gli elementi ripetuti alla fine.


Esempi di anafora:

«S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo; s’i’ fosse vento, lo tempesterei» (Angiolieri)
«Piove su le tamerici / salmastre ed arse, / piove su i mirti / divini» (D’Annunzio)

«Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore
per me si va tra la perduta gente.» (Dante)

«Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi vita ci spense.» (Dante)

« ed quella
tre volte rotolò; tre volte scosse
gli scompigliati peli, e da le molli
nari soffiò la polvere rodente.» (G. Parini)

 

Anastrofe

L'anastrofe è una figura retorica che consiste nell'invertire la normale costruzione sintattica delle parole per produrre effetti particolari. È affine all’iperbato ma, a differenza di questo, non implica l’inserimento di un elemento tra i termini.

Esempi di anastrofe:

«Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra ; a noi prescrisse
il fato 
illacrimata sepoltura.» (U. Foscolo)

 

Apostrofe

L'apostrofe (sostantivo femminile dal greco apostrophé, da apostréphein, «volgere indietro») è una figura retorica e si ha quando un personaggio o la voce narrante si rivolge a un uditore ideale diverso da quello reale al fine di persuadere meglio quest'ultimo.

Esempi di apostrofe

O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l'anno, sovra questo colle
io venia pien d'angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna.

 

Chiasmo

Figura retorica consistente nella reciproca inversione del costrutto in due membri contigui.

Esempi di chiasmo

«Ovidio è il terzo e l'ultimo è Lucano» (Dante)

 

Enjambement

L’enjambement, o spezzatura, è una figura retorica per cui la fine di un verso non coincide sintatticamente con la fine di un verso, che quindi prosegue nel verso successivo. In questa figura retorica, l'ultima parola del primo verso e la prima del successivo sono legate sintatticamente. L’enjambement quindi elimina la pausa metrica alla fine del verso.

Esempi di enjambement:

«Zacinto mia, che te specchi nell'onde,
del grco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde»  (U. Foscolo)

 

Metafora

La metafora è una figura retorica di significato che consiste nell’indicare qualcosa con il nome di un'altra cosa a essa simile. Si basa su un confronto tra due elementi, generalmente eterogenei; tuttavia, questo confronto non viene dichiarato esplicitamente, con parole tipo “come”. Quando invece il confronto viene esplicitato, si trasforma in una similitudine.

Esempi di metafora:

«Onde dorate, e l’onde eran capelli,
navicella d’avorio un dì fendea;»  (G. Marino)

 

Onomatopea

L’onomatopea è una figura retorica che consiste nell'utilizzare una parola o un'espressione che riproduce il suono di qualcosa o il verso di un animale.


Esempi di onomatopea:

«Zang Tumb Tumb» (Marinetti)
«Sentivo un fru fru tra le fratte» (Pascoli)
«Indi i gemiti alzando: Aita, aita,» (G. Parini)

 

Ossimoro

L'ossimoro è una figura retorica che unisce due termini di senso opposto o antitetici. Alcuni esempi includono "disgustoso piacere", "illustre sconosciuta", "silenzio assordante" e "lucida follia". Il termine stesso, derivante dal greco antico, è un esempio di ossimoro, combinando i concetti di "acuto" e "ottuso".

Esempi di ossimoro:

«vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
…»
(U. Foscolo, Alla sera, Poesie)

«Brusio di silenzio» (Montale)

«il procelloso suo biondo tesoro,» (G. Marino)
«Ricco naufragio, in cui sommerso io moro,» (G. Marino)

 

Sinestesia

La sinestesia è una figura retorica che consiste nell'associazione di due o più parole appartenenti a sfere sensoriali diverse (tristezza nera, parole leggere). Le sinestesie sono molto utilizzate in letteratura. Ecco alcuni esempi.

“La fama che invaghisce a un dolce suono
Voi superbi mortali, e par sì bella,
È un Eco, un sogno, anzi del sogno un’ombra
Ch’ad ogni vento si dilegua e sgombra.”
(Gerusalemme liberata, Torquato Tasso)

In questo caso la sinestesia dolce suono accosta una sensazione del gusto (dolce) con una dell’udito (suono).
“al lamento d’agnello dei fanciulli,
all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio”
(Alle fronde dei salici, Quasimodo)

In questo caso la sinestesia urlo nero accosta la sensazione uditiva dell’urlo a quella visiva del colore nero.
“Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde”
(Il bove, Carducci)

In questo caso la sinestesia silenzio verde accosta la sensazione uditiva del silenzio a quella visiva del colore verde. sensazione uditiva (silenzio) + sensazione visiva (verde).





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