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Shemà è una poesia scritta da Primo Levi nel 1946, inclusa nel celebre memoriale Se questo è un uomo, di cui costituisce una sorta di prologo poetico. Il titolo della poesia, Shemà, è ripreso dalla prima parola di una preghiera ebraica e significa "ascolta". La poesia nasce dall’esperienza diretta di Levi ad Auschwitz (1944-1945), dove fu deportato come ebreo e partigiano e riflette l’urgenza di testimoniare l’orrore della Shoah, ma contiene anche un duro monito affinche quell´orrore non si ripeta e non venga mai dimenticato.
L’autore sembra riferirsi ad un gruppo di individui in particolare, ma il grido di dolore dell'autore è un monito rivolto all'intero genere umano. In particolare Primo Levi si rivolge a tutti coloro che non hanno vissuto direttamente le atrocità del nazismo ma che, secondo l'autore, hanno il dovere morale di riflettere e non dimenticare.
Nella prima strofa vi è la descrizione della vita normale della gente che vive nelle propie case, ben riscaldate, accoglienti, in cui la sera trova un pasto caldo e volti familiari; è a questa stessa gente che l´autore si rivolge sottoponendogli un quesito.
Infatti a questa situazione di tranquillità iniziale segue la seconda strofa in cui l´autore, garzie all´uso di una potente anafora (che... che... che...), si chiede se sia possibile considerare un uomo chi lavora nel fango senza pace, ha la vita appesa al capriccio altrui e deve lottare per un pezzo di pane. Speculare a questa e altrettanto toccante, la riflessione-domanda prosegue e si estende anche alla donna che viene annichilita fino a spegnerne anche la voglia di vivere (la sequenza "Considerate... inverno" forma una lunga domanda retorica).
Infine, nella terza strofa Primo Levi invita a riflettere e esorta tutti a non dimenticare, pena l´essere colpiti dalla sua maledizione che si scaglia contro case, salute e rispetto dei figli.
La poesia quindi è un potente richiamo alla necessità del ricordo, all'esigenza di non dimenticare e all'obbligo di tramandare alle generazione future ciò che "è stato".
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Voi che vivete tranquilli, (voi... voi = anafora) nelle vostre case ben riscaldate, e quando tornate la sera trovate il cibo pronto e i visi amici e familiari, considerate se è un uomo (domanda retorica) colui che lavora nel fango, che non conosce un momento di tregua che (che... che... che... = anafora) può essere ammazzato per un´inezia come un sì o un no. [[E sufficiente una risposta sbagliata per essere uccisi brutalmente, senza pietà]]. Considerate se questa è una donna (domanda retorica), con la testa rasata, senza più un nome (senza... senza... = anafora) che non ha nemmeno la forza di ricordare la vita precedente, con
lo sguardo perso nel vuoto e il grembo freddo
come una rana d’inverno (freddo il grembo come una rana d'inverno = similitudine) [[Non può più assaporare la gioia della maternità]]. Ricordate che questo è realmente accaduto. Scolpite queste parole nel vostro cuore Ricordate sia quando state in casa sia quando siete viaggio, sia quando andate a dormire sia quando vi alzate. Ripetete tutto questo ai vostri figli. O vi crolli la casa, la malattia vi colpisca, i vostri figli si allontanino da voi per la vergogna. |
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