Parafrasi

Cantico dell creature - Francesco d‘ Assisi - Commento e Parafrasi ---

Cantico dell creature - Francesco d‘ Assisi - Commento e Parafrasi ---
Autore: Sistema
Data: 19/10/2025
Tipo: Materiale didattico
Dimensione: 8191 caratteri
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Contesto, argomento, messaggio

Il sonetto A Zacinto fu composto negli ultimi mesi del 1802 e nei primissimi del 1803 ed è dedicato a Zante, isola del mar Ionio dove il poeta nacque e trascorse la prima infanzia (1778-85) e alla quale non fece mai più ritorno. La poesia fa parte della raccolta Poesie (edizione definitiva del 1803) e rientra nella produzione poetica più importante dell'autore insieme a Alla sera, Alla Musa, e In morte del fratello Giovanni (appartenenti alla stessa raccolta).

Il tema dominante è quello della nostalgia verso la terra natia perduta per sempre e il presentimento angoscioso della "propria" illacrimata sepoltura.  Il sonetto però parla anche dell'amore di Foscolo per la poesia, per la Grecia e la sua cultura. Inoltre è evidente anche il tema, molto romantico, della morte.

La poesia si apre con tre avverbi di negazione, né più mai, che sottolineano la disperazione dell'autore per il crudele destino che lo allontana dalla sua Zacinto, isola nella quale è nato e vissuto nei primi anni di vita. Il tema sarà poi ripreso nell'ultima terzina  (il fato a noi prescrisse illacrimata sepoltura) per conferire all'intero sonetto un andamento circolare.

Nella seconda e terza strofa l'autore parla di Venere (dea dell’amore e della bellezza) e della poesia che ha utilizzato Omero per cantare nei suoi poemi le peripezie di Ulisse che alla fine della sua avventura riesce a tornare ad Itaca. In queste strofe è evidente l'amore di Foscolo per il mondo classico.

Nell'ultima strofa (che come detto si ricollega alla prima), il poeta ribadisce che non potrà più tornare sull'isola, e che questa potrà avere il suo canto ma non il suo corpo, perché essendo stato esiliato sarà sicuramente sepolto altrove senza che nessuno dei suoi cari possa piangere sulla sua tomba.

Lingua, stile e forma metrica

A Zacinto è un sonetto costruito con due soli periodi (il primo, che occupa le quartine e la prima terzina, e il secondo che coincide con l'ultima terzina e che contiene la sentenza finale, ai vv. 12-14). E' composto in versi endecasillabi organizzati in due quartine che presentano rime baciate (ABAB), e due terzine di rime concatenate (CDE CED).

Sono presenti diversi enjambements (versi:3-4; 6-7; 13-14) che hanno l'effetto di dilatare  la struttura dell’endecasillabo e del sonetto stesso, numerose alliterazioni (vv. 4-9 e v.13), ben quattro anastrofi: «ne più mai» (v. 1); «greco mar» (v. 4); «da cui vergine nacque / Venere» (vv. 4-5); «colui che l'acque / cantò fatali» (vv. 8-9), e una bellissima litote (v. 6) «non tacque»;

Dal punto di vista lessicale va registrata la presenza di termini aulici, latinismi e grecismi (inclito, dea, fatali)  testimonianza della cultura classica di Foscolo.

Il sonetto presenta inoltre una netta prevalenza dei tempi verbali passati, in particolare del passato remoto, che soprattutto nella parte centrale serve ad evocare il passato lontanissimo, mitico.

                                                                                                                                           

 

  1. Né più mai toccherò le sacre sponde
  2. ove il mio corpo fanciulletto giacque,
  3. Zacinto mia, che te specchi nell'onde
  4. del greco mar da cui vergine nacque

  5. Venere, e fea quelle isole feconde
  6. col suo primo sorriso, onde non tacque
  7. le tue limpide nubi e le tue fronde
  8. l'inclito verso di colui che l'acque

  9. cantò fatali, ed il diverso esiglio
  10. per cui bello di fama e di sventura
  11. baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

  12. Tu non altro che il canto avrai del figlio,
  13. o materna mia terra; a noi prescrisse
  14. il fato illacrimata sepoltura.

 

1-4. Non toccherò mai più [[ne più mai - anastrofe – le tre negazioni rafforzano l’idea dell’impossibilità del ritorno]] la tua terra sacra (sacre sponde) [[Zacinto è sacra in quanto gli ha dato i natali e anche perché dalle sue acque è nata Venere]] dove ho trascorso la mia fanciullezza (ove…giacque - metafora) [[nel senso che Zacinto fu la culla di Foscolo]], o mia Zacinto [[forma greca del nome della moderna Zante]], che ti specchi nelle onde del mare greco (greco mar - anastrofe),

5-8. dal quale Venere  nacque già donna (vergine nacque Venere - anastrofe), e rese (fea) feconde quelle isole col suo primo sorriso, per cui (onde) cantò (non tacque - litote per “cantò”) le tue limpide nubi e la tua vegetazione (fronde - sineddoche) la poesia gloriosa (inclito verso) di colui [[Omero]]

9-11. che celebrò i viaggi voluti dal Fato e le peregrinazioni in molti luoghi (che l’acque cantò fatali anastrofe),  attraverso le quali (per cui) Ulisse, reso celebre (bello di fama) dalle avventure e dalle sofferenze sopportate, riuscì a tornare nella sua rocciosa Itaca.

12-14. O Zacinto (Tu), mia terra materna (o materna mia terra - allitterazione), tu invece non avrai altro [[al contrario di Itaca]] che questo canto scritto da tuo figlio [[non le spoglie, destinate invece ad essere sepolte in terra straniera]]; per me il destino ha deciso una sepoltura senza il conforto delle lacrime (illacrimata sepoltura) delle persone care.